IL CALCIO ITALIANO

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L’immagine di Cavani seduto sull’erba, dopo il cocente 0-3 subito dal Victoria, evidenzia il vero valore del nostro calcio nel contesto mondiale. Siamo troppo in linea con i modelli meglio organizzati, ma l’eccesso di tatticismo ci mette a volte alle corde più di quanto non accada per le squadre che fanno meno riflessioni e badano di più all’incontro scontro confronto sul campo, accada quel che accade.

E’ pure vero che non possiamo lamentarci se comunque, nonostante l’esodo massiccio dei big, il nostro campionato è ancora valido e coinvolgente, affatto interessante e combattuto. E non solo per quanto riguarda la serie A, visto che anche la nazionale ed i ragazzi delle altre categorie si difendono sempre bene e spesso primeggiano. A maggior ragione quando club come la Juventus, dopo una travagliata rinascita, tornano a far bella mostra in coppa, riuscendo a vincere ed a convincere anche fuori dal contesto italiano.

Quello che mi desta preoccupazione, invece, sono i casi che assurgono alla cronaca trascinando presidenti e società in contesti poco sportivi e molto giudiziari. L’ultimo l’arresto di Cellino, quello che ha sempre blandito con sicumera l’onestà dei piccoli e la loro battaglia contro i grandi club pigliatutto (soprattutto i diritti TV). Il caso Is Arenas è emblematico per tanti versi: perché sulla realizzazione hanno certamente pesato scelte di aggirare le regole e di forzare i controlli; perché ci sarebbe stata la copertura ed il  coinvolgimento di amministratori e politici; perché una squadra di medio livello ed ottima tradizione ha parecchie possibilità di subire penalizzazioni e comunque il clima di sospetto che immancabilmente caratterizzerà la restante annata del Cagliari.

Altro caso quello Preziosi e Genova, travagliata situazione ibrida di malaffari tramite il calcio; e poi il Palermo di Zamparini, che magari non è ancora con problemi di evasione IVA, ma è analogamente caratterizzato dalla giostra di allenatori ed atleti, come il Genova, sempre alla ricerca della quadratura del cerchio: affari da realizzare, responsabilità da imputare ad uno solo, giri di finanza oltre i confini e, spesso, per conto di terze società. E si potrebbe continuare ad aggiungere casi fino ai casi di calcioscommesse, dove si rasenta l’assurdo, visto che paga qualcuno e ci si tuffano in troppi.

E, alla luce di quanto sopra, dico io, è possibile che non si possa tenere separate la gestione economica-finanziaria dei club da quella meramente sportivo-agonistica? E se proprio è così difficile, perché almeno non imporre la massima trasparenza ed i controlli più serrati? Se c’è la società ed il suo rappresentante legale da una parte, e dall’altra l’allenatore-staff tecnico con gli atleti dall’altra, possibile dico tenere parallele queste due dimensioni, in modo che non si determini il sopravanzo degli interessi economici verso quelli sportivi?

Il calcio è sempre stato palestra di socializzazione, di riscatto sociale, di coinvolgimento nel sano agonismo dei più giovani. I campioni hanno sempre avuto un colore, una maglia del cuore che ne ha condizionato scelte e permanenza prima che sopravanzasse la figura del procuratore, di colui che orienta e sceglie in funzione dei soldi e principalmente dei soldoni. I presidenti ci hanno sempre messo  energia e finanza per costruire e mantenere il giocattolino che doveva divertirli e far divertire.

Oggi tutto ciò è svanito, ed al suo posto c’è la preminenza degli altri interessi: interessi poco sportivi, ma troppo palesemente evidenzianti l’affermazione di altro dal calcio. Ed il guaio è che, con le entrate del calcio, il CONI spesava le restanti discipline sportive, portando avanti anche sport poco pubblicizzati, ma parecchio praticati e formativi per i giovani.

Speriamo si trovi un rimedio a fermare questa decadenza e deriva che rischia di allontanare la gente pulita dallo sport, con tutte le conseguenze del caso.

IL CALCIO ITALIANOultima modifica: 2013-02-15T13:47:00+01:00da pachireggio
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