La storia prima …del Natale 2013

Ultima domenica pallonara, almeno in Italia; ed è domenica dopo che già il sabato ha definito l’ulteriore frenata del Napoli, che ha balbettato a Cagliari, rischiando anche il punticino a stento raschiato. E siamo alle solite, dunque: un campionato che, se confermato anche oggi con una ulteriore vittoria(magari a rete inviolata) appannaggio di una sola squadra, che, ahinoi, stenta ed esce … Continua a leggere

I ricambi generazionali

Digressione

Chi ha fatto la storia, o ne è stato parte, giammai sarà dimenticato. Ed è destino di Berlusconi e del suo grande Milan di non poter essere dimenticati, neppure da chi li ha avuti come avversari e sovente ha perso da loro.
E non si tratta di ammettere una superiorità venale, ma di accettare che la rivoluzione culturale che ha cambiato il calcio di casa nostra l’ha determinata Berlusconi, con le sue TV, con i soldi copiosi, con lo strapotere di chi può permettersi di rilanciare senza limite.
E di queslla scuola, l’interprete originale è sato Galliani, fido braccio del Cavaliere in ambito sportivo, altrettanto di quanto Confalonieri lo sia stato per le televisioni, Dellutri per le campagne politiche e via discorrendo.
Ma poi la stella volge al tramonto, ogni giornata, per quanto lungo, volge al tramonto ed il ricambio diventa il riflettore declinato a rischiarare la notte che prelude al nuovo giorno.E così sarà per quel Milan vincente e stellare per tanti anni (gli anni della gloriosa crescita del berlusconismo) ora, impaludata nella mediocre ennesima annata agonistica(quando non si vince, a quei livelli, si perde solamente) sembra aver perso pure quell’immagine di compattezza ed affidabilità che l’aveva sempre caratterizzato.
Il borsello è stato serrato da tempo e la logica di economizzare, di contrarre il budget, più per necessità conseguente agli esborsi imposti dai tempi e dagli accadimenti giudiziari sfavorevoli, avevano limitato le azioni del grande manager Galliani, da oltre 20 anni protagonista della scena calcistica non solo nazionale. Limitato senza tuttavia impedirgli di realizzare quelle operazioni border-line fra azzardo e genialità che avevano mascherato il declina della squadra e prolungato i fasti rossoneri.
Perchè, allora, lasciare mano libera alla rampolla Barbara, che ha già dimostrato con i precedenti anche recenti, quanto possa essere sbagliato la scelta di istinto(vedi Pato) piuttosto che una navigata e saggia meditata azione?
E Berlusconi, anche se stremato ed all’angolo, ha ancora sufficiente lucidità per decidere imprenditorialmente e senza cedere alla prepotenza giovanile: Galliani resta, anzi raddoppia  per il Milan, mantenendo il ruolo di amministratore delegato e relagando Barbara Berlusconi ad un duopolio non invasivo; perché prima si salva il bambino e poi si pensa ai panni sporchi!


Ed alla luce di queste scelte, chi può dare torto al marpione Berlusconi, che, amicizia e sentimentalismi a parte, ha giustamente reputato che è meglio una doppia figura di amministartore delegato piuttosto che una esagerata e dispendiosissima in tempo di crisi liquidazione al Galliani infastidito!
Ma poi, a ben riflettere, bisogna pure farlo qualche raffronto con l’altra grande rivale italiana del calcio giocato: la Juventus ha dovuto affrontare ben altro viatico, che un semplice passaggio di consegne tipo Milan. Ha dovuto risalire la china dopo lo spodestamento ignobile ed ingiusto che una sedicente giustizia(meglio giustizialismo)sportiva le aveva imposto. Ed allora era cambiata  rimanendo SpA, mantenendo la quotazione in borsa, destinandole alla guida manager indipendenti e con risorse limitate, in modo di stimolare la ripresa, garantendo le scelte ma solo a validazione intervenuta. E la famiglia Agnelli, senza mai lasciare lo scettro, si è comunque tenuta in sordina, per evitare che i sentimenti fossero mai prevalenti sul raziocinio. E poi, una volta ripreso la strada, è spuntato fuori il nuovo Presidentissimo Andrea, completamente dedicato alla Scocietà Juventus che non è nè mai sarà solo squadra di calcio. Altri interessi, altra dimensione, altra logica, insomma, una logica non dinastica, ma nel sentiero dell’economia e della lineare gestione programmata pluriennalmente.
Ecco, io dico che la dinastia, nel calcio come nella politica ed in ogni altra cosa della vita, comporta l’assunzione di rischi incalcolabili ed i cui effetti non sarà mai possibile prederminare. Che è meglio indirizzare verso un ricambio logico e funzionale, che all’occorrenza apra a chi sta fuori dall’albero genealogico, piuttosto che insistere sullo scettro dinastico indipendentemente dalle capacità e o dalle inclinazioni.
Ma presto si vedrà il seguito.