The little Italy

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E’ stata una settimana micidiale, in cui (non solo….) l’ esame di inglese è purtroppo andato malissimo per le nostre osannate squadre di calcio: poco gioco, molta sottomissione, pochissimi goals fatti e tanti subiti. Una sola promozione nella competizione Wefa (ma a stento e con una rivale poco rinomata) e tre probabili uscite in champions.

Sorge spontanea, quindi, una approfondita riflessione sull’accaduto, considerato che, oltre il tifo di parte, gli sportivi italiani devono pure interrogarsi sul futuro della stessa nazionale di calcio. E poi, riflettendo sul fatto che ci sia un ridimensionamento generalizzato e conseguente alla crisi finanziaria, di budget di spesa e di investimenti, che riguarda tutte le squadre europee, e quindi che non può essere assunto a giustificazione della deriva a cui assistiamo.

Invero, mi pare che nel corso di diversi anni, sperando nei miracoli, da parte dei nostri clubs più blasonati, si sia comunque fatto ricorso ad operazioni comportanti impegni finanziari consistenti, ma, considerato la forza dei competitors stranieri e soprattutto inglesi e spagnoli, si sia finito per spendere tanti soldi per l’ acquisto di secondi o terzi obiettivi, proprio nell’impossibilità di prevalere rispetto ad altre società finanziariamente più forti. Per fare contente le tifoserie, si è depauperata la tanta e nello stesso tempo ridotta ricchezza per l’ acquisto di campioni in fase calante, di relativamente giovani promesse misteriosamente mai sbocciate, appesantendo i bilanci, assorbendo risorse ingenti e determinando la quasi impossibile ricollocazione sul mercato dei presunti fuoriclasse per via degli ingaggi esagerati.

E, nel frattempo, si è pure trascurato, fatte poche eccezioni, il vivaio, cioè la scuola calcio che da sola può enormemente arricchire e proiettare il club verso traguardi futuri soddisfacenti e con costi ridotti, consegnando speranze pure ai fasti del calcio italiano con promesse nazionali e senza andare a rincorrere il rilascio forzato di passaporti e figure di atleti poco indigeni e solo a volte meticce.

Ed in questo scenario, non a caso il livello della nostra serie A si è andato livellando al ribasso, perché, mentre le squadre più ricche hanno continuato a dilapidare per l’ acquisto di presunti campioni (soprattutto scarti e panchinari di altri clubs europei) ed ingaggi da favola, le squadre minori sono invece riuscite a barcamenarsi tra immani difficoltà ed a migliorare la loro competitività ricercando giovani e poco onerosi atleti stranieri o puntando sulla cresciti di campioncini di vivaio.

Peccato che, anche questi campioncini in crescita, sono stati spesso bruciati (e continuano ad esserlo…) per la smania di cogliere subito traguardi troppo ambiziosi da parti di dirigenze ottuse, che piuttosto che lasciar principalmente giocare gli atleti, preferiscono arricchirli, relegandoli al ruolo di riserve su panchine troppo lunghe ed affollate da presunti campioni troppo onerosi per rimanere fuori, assecondando sponsor e società e ridimensionando le scelte tecniche.

Una via di uscita, però, è alla portata, solo ad accettare un periodo di sabbatica rinuncia ai risultati immediati, con l’ obiettivo di evitare altre cattive figure, almeno fra qualche stagione.

Bisognerebbe quindi evitare altre spese ingiustificate per entità ed obiettivi, partendo dal presupposto che, in periodo di forte crisi, nessuna si vuole privare di un vero campione per la stessa difficoltà di poterlo agevolmente rimpiazzare. E le ridotte disponibilità bisogna indirizzarle in modo criteriato per promuovere i calciatori del vivaio, investendo in giovani promesse e cercando di far crescere in quei contesti i futuri campioni, possibilmente legati anche emotivamente ai colori societari. Gli acquisti esterni, poi, vanno centellinati e giustificati da previsione di ritorni complessivi e non solo immediati (costi sostenibili, ingaggi plausibili ed in grado di consentire cessioni successive, effettiva ed insostituibile esigenza organica).

Complessivamente, da sportivo, mi auguro che si guardi all’assetto economico finanziario con serietà e competenza, lasciando meno spazio all’emotività ed al desiderio di compiacere la piazza. Ed il calcio non potrà che essere grato di ciò anche in tempi relativamente prossimi.

 

 

The little Italyultima modifica: 2009-03-01T11:07:00+01:00da pachireggio
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