Omaggio….fine corsa.

Pantani, il Pirata, Dumbo. Quale l’epiteto identificativo del sommo campione che, sfidando le leggi della fisica, riusciva ad accelerare in salita e saliva prima e più veloce di tutti?
La memoria vacilla, confrontando la scialba soluzione di una vita smarrita con la somma espressione di un talento, quanto si vuole truccato, ma talento di razza.
Perché poi, in quell’ambiente strano e fatto per non far trapelare le cose più ovvie, non credo proprio abbia indossato la maglia del peggiore, perché sicuramente ha abusato come quasi tutti, ma almeno l’ha fatto riuscendo a far apparire alla portata umana imprese disumane e strabilianti.
E’ stato l’orgoglio italiano quando, dopo la vittoria al Giro, si è riproposto vincente al Tour. Ed ha vinto alla grande, primeggiando in salita, in discesa, in pianura, addirittura alla crono.
E quella bandana a coprire il teschio lucido di sudore, abbronzato, quasi scottato da un sole cocente, a cingere orecchie da elefantino, che rendevano ancora più simpatico e tenero il campione.
E la mitica figura che si alzava sui pedali a sfidare l’altura, a scattare e riscattare su per il pendio, fino a staccare ogni sfidante, rendendo gigante il piccolo scalatore italiano che si ergeva tra stuoli di folla impazzita, che aveva bisogno di glorificarlo nella magnificenza di un piccolo superuomo che sfida l’immenso.
Quando quel tempo è bruscamente finito, purtroppo, il richiamo alla realtà è stato devastante, per lui soprattutto.
Non ce l’ha fatta il meschino a tornare tra gli umani, dopo che si era innalzato fino all’ Olimpo, dopo che aveva stregato il mondo delle due ruote e non solo quello, dopo che era riuscito a far girare quelle ruote incandescenti sotto la spinta dei passettini leggeri e misurati, che sapevano di danza e di rito propiziatorio, e che solo lui riusciva a governare e con lui la sua squadra di pirati pelati e smagriti dal lungo quasi infinito pedalare.
E’ triste la sua fine, ma ancora più triste è stata certo la sua sconfitta, che gli è piovuta tra guai giudiziari senza condanna e squalifiche che non tenevano conto del suo amore per uno sport che voleva grande e per il quale ha fatto tanto, sbagliando pure, ma col cuore.
Giovani e meno giovani hanno emulato il Pirata, inforcando bici e indossando divise gialle, cercando nella salita lo stimolo per l’impresa che conta e che vale; e chi non ha avuto modo di provarci direttamente, l’avrà comunque cercato di realizzare in modo mediato o simulato.
Forse nessuno saprà mai cosa è scattato nella mente del ciclista per annichilire il campione, riuscendo a fargli smarrire la strada per sempre, anche quando disperatamente cercava di ricordarla, scoprendo di non farcela, subendo lo smacco di rimanere sconfitto e solo, lui che aveva conosciuto la fama e ispirato le masse.
Marco, sappi che siamo tutti piccoli uomini, anche quando ci ergiamo a semidei e sentiamo di poter toccare il cielo con il dito. Noi rimaniamo uomini e mortali, anche se la fama di un giorno o di un’impresa potrà durare nel tempo e diventare leggenda, per rimanere per sempre intatta sconfinando la storia, appunto, ed assurgendo a leggenda.
L’epopea di un piccolo scalatore italiano che inforcava la bici per volare sulla cresta di enormi montagne, anche fuori dai confini nazionali, oggi è ancora storia recente e ben viva nella mente dei più. Ma domani, anche quando i piccoli uomini che furono testimoni diretti, non saranno altro che polvere svanita e dispersa, allora sarà leggenda: la leggenda del Pirata che non poteva arrendersi, perché la resa è un vocabolo che il Pirata non conosce.

Omaggio….fine corsa.ultima modifica: 2004-02-16T23:09:07+01:00da pachireggio
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